- EAN13
- 9788899559687
- Éditeur
- Edizioni Kaplan
- Date de publication
- 27/10/2023
- Collection
- Orizzonti
- Langue
- italien
- Fiches UNIMARC
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Sulle rovine del teatro ipse Actor
Carmelo Bene tra teatro e cinema dal 1964 al 1972. Alcune ipotesi esegetiche su Capricci e Salomè
Gigi Livio
Edizioni Kaplan
Orizzonti
Livre numérique
-
Aide EAN13 : 9788899559687
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9.99
Questo libro mostra con una certa evidenza, e fin dal sottotitolo,
l’intenzione dell’autore di tornare a puntare i riflettori sul linguaggio
della scena del primo periodo dell’operatività artistica di Carmelo Bene.
Troppi lavori, egli ancora in vita e dopo la morte, sono state concepiti con
l’intenzione di esaltare l’epoca successiva della sua elaborazione attorico-
registica e troppo, a parere dell’autore di queste note, si è insistito sulla
poetica in sé – con l’intenzione non sempre implicita di esaltare l’attore
magnifico ‘elevandolo’ a filosofo – mentre questa mostra tutta sua reale
grandezza proprio, e soltanto, se la si mette in rapporto con l’operazione
scenica che ne consegue: è lì che si riscontra un elemento di forza, non certo
impercettibile, che muove da un’intenzione ben precisa dell’artifex di voler
creare un’espressione scenica che sia antagonistica a quella del tempo essendo
il suo artefice antagonista anche e proprio allo spirito di quel tempo. Quando
questa spinta propulsiva nei confronti dell’arte del teatro, e poco più tardi
del cinema, viene intenzionalmente smussata e, per così dire, addolcita, le
cose cambiano. Il resto del discorso, che non può essere in alcun modo
conclusivo, è nel libro.
l’intenzione dell’autore di tornare a puntare i riflettori sul linguaggio
della scena del primo periodo dell’operatività artistica di Carmelo Bene.
Troppi lavori, egli ancora in vita e dopo la morte, sono state concepiti con
l’intenzione di esaltare l’epoca successiva della sua elaborazione attorico-
registica e troppo, a parere dell’autore di queste note, si è insistito sulla
poetica in sé – con l’intenzione non sempre implicita di esaltare l’attore
magnifico ‘elevandolo’ a filosofo – mentre questa mostra tutta sua reale
grandezza proprio, e soltanto, se la si mette in rapporto con l’operazione
scenica che ne consegue: è lì che si riscontra un elemento di forza, non certo
impercettibile, che muove da un’intenzione ben precisa dell’artifex di voler
creare un’espressione scenica che sia antagonistica a quella del tempo essendo
il suo artefice antagonista anche e proprio allo spirito di quel tempo. Quando
questa spinta propulsiva nei confronti dell’arte del teatro, e poco più tardi
del cinema, viene intenzionalmente smussata e, per così dire, addolcita, le
cose cambiano. Il resto del discorso, che non può essere in alcun modo
conclusivo, è nel libro.
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